Il ricordo di quel sole bruciante, che sembrava quasi concentrarsi malevolmente sulle spalle e sul capo di lei, già trasudanti per la costrizione del nero abbigliamento di lana e seta che la consuetudine locale voleva indosso, specialmente in quel giorno, e del riverbero accecante sulle grigie pietre che passo, passo, costruivano il sentiero in faticosa salita verso il villaggio alpino, l’avrebbe accompagnata per il resto dei suoi giorni.
Ma, forse, ripensandoci, quel sole non era poi più caldo degli altri giorni; e la salita era la stessa, già percorsa occasionalmente altre volte.Forse era l’intensa emozione di quella giornata a trasformare tutte le cose d’intorno.
E si, quello era proprio un gran giorno. Il giorno più importante della sua vita.
Si era sposata.
Lui era ritornato, dopo lunghi mesi trascorsi in giro per il mondo, a vendere per quattro soldi l’arte del “mulita”, e aveva immediatamente forzato l’iniziativa, anche con la scusa che non avrebbe potuto fermarsi a lungo e che, se non si decideva in fretta, si sarebbe rimandato tutto, almeno di un anno; così il suo vecchio padre non aveva più avuto niente da ridire, anche perché con lo sposalizio avrebbe trovato aperta una casa in più in caso di necessità, e l’affare fu deciso. Tanto lei lo sapeva già che sarebbe finita in quel modo. Quando se n’era andato via, dopo Natale, lui l’aveva guardata con un che di serio negli occhi un po’ lucidi e le aveva detto, con un fare di importanza, serrandole le mani: “Quando ritorno…”, e lei non aveva più avuto dubbi.
Forse era colpa di quel sole, che infondendo alla giornata uno splendore e una luminosità incredibilmente festosi, contrastava violentemente con il fermento doloroso che le si stringeva in petto, ove gli alati, felici sogni primaverili stavano cedendo alle pesanti ma più reali brume di un incipiente autunno.
E dire che solo da pochi istanti aveva pronunciato le parole fatidiche che ora indissolubilmente la legavano a un altro essere: un uomo buono, onesto, laborioso, lei lo sapeva e glielo avevano ripetuto fino alla noia ma, per ora, un uomo con il quale non aveva troppa confidenza, e sul quale trovava oltremodo difficile soffermare lo sguardo senza arrossire e un po’ vergognarsi, così, senza un perché.Ma era fatta.Tra poco sarebbe giunta a casa di lui, dove altri parenti l’aspettavano per darle il benvenuto e così riconoscerla parte acquisita e inscindibile della loro stirpe: visi anonimi, incontrati raramente nei pochi spostamenti dalla sua borgata, scesi da chissà quale alpeggio, forse più per il richiamo della festa che non per questioni di parentela.
I parenti veri, invece, erano li, vicino a lei, con i visi improntati alla gioia di chi ha appena assistito a un atto che pone delle ipoteche sul futuro.
Lui, come d’uso, la precedeva di pochi passi, e la sua figura, a lei sembrava, si imponeva sull’ambiente circostante: il pensiero che quell’uomo era suo marito la riempiva d’orgoglio.Peccato che presto avrebbe dovuto ripartire….Ma era meglio non pensarci, almeno per ora.
La giornata, adempiute le funzioni religiose, stava per entrare nel culmine della festa.
Un’amica le aveva detto che a casa di lui già da tre giorni stavano organizzando il pranzo di nozze, e che ci sarebbe stata varietà di carni, tra conigli e pollame, e che non sarebbe mancata la toma buona, né il vino spumeggiante, acquistato apposta per l’occasione; perché tutti potessero gioire di quella mensa fortunata, e la famiglia di lui essere ancor più rispettata per aver adempiuto con onore a tutti gli obblighi prescritti.
Era stato invitato anche un conoscente con la fisarmonica, e si sarebbe quindi ballato fino a sera.Lei lo sperava tanto; perché le piaceva ballare ed erano così rare le occasioni di far festa, in tempi di tanta miseria; ma anche per la speranza che, se tutti avessero ballato, non ci sarebbero state le solite stupide discussioni “tra uomini”, per argomenti futili, e che finivano normalmente a botte, se non a coltellate, rovinando così una giornata che doveva essere di sola gioia… perché altri giorni, già lo sapeva, avrebbero portato la tristezza.
Forse era proprio il pensiero dei giorni tristi,
che ritornava continuamente a chiudere le sue riflessioni,
a darle quel senso di disagio interiore;
una tensione che cresceva con il perdurare del ragionamento
e che arrivava quasi a soffocarla:
e allora scacciava tutto dalla mente,
dando la colpa al sole,…
per ricominciare da capo,
suscitando altre immagini,
rincorrendo altre visioni,
imponendosi una esteriore felicità,…
e giungendo alla fine, inevitabilmente,
a una triste e grigia sensazione di angoscia.
Perché lei già lo sapeva:
una settimana, forse dieci giorni,
e poi lui sarebbe ripartito,
e non lo avrebbe rivisto che per Natale,
sperando che non gli succedesse niente.
E lei sarebbe rimasta lì, sola, in un borgo sconosciuto,
senza amici a cui confidare
ma solo gente da rispettare
gli animali da accudire
una vuota casa da governare
streghe e fantasmi da maledire
e un marito che deve tornare.